Ricordi di un'isola

Galleria Il Tridente – Grosseto 2001

Quando Paolini dipinge le città, come per esempio ha fatto e fa magistralmente con Roma, è come se applicasse al suo soggetto la misura del ritratto, vale a dire introducesse nell’economia delle sue immagini lo sguardo contemplativo e indagatore del ritrattista mentre studia un volto, una postura, un’espressione per catturarne, o interpretarne, l’intima essenza. E’, questa sua, una misura beninteso interiore,che non riguarda questioni di tecnica quanto, piuttosto, rimanda a una vera e propria filosofia della pittura, a una fondante poetica del rappresentare, capace dunque di contestare ogni tradizionale punto di vista di “genere”, trasformando un panorama urbano – muri, finestre, tetti, campanili, – in uno straniante fondale di teatro, in un palcoscenico di silenzi felpati, messo in scena come un immobile personaggio che si tenga in posa dinnanzi all’artista per farsi ritrarre.

Oggi, dopo un suo viaggio nell’arcipelago maltese, questa sua vocazione al “ritratto di esterni”, tra Malta e Gozo, tra La Valletta, Rabat e Mdina, ha prodotto un’altra serie, intensa e bellissima, di tele nelle quali una pittura lucida e sobria, composta e silenziosa, straordinariamente compiuta e soda nella sua tranquilla perentorietà, si muove sul terreno dell’intensificazione lirica delle cose verso un avvertito sentimento di poesia fatto tutto di suggestioni interiori, di metafore tanto leggère quanto straniate e incantevoli.

In queste stradine d’ombra e di luce, in questi campi d’ocra, in queste fonde sciabolate di mare e muri, le isole maltesi di Paolini sembrano qui partecipare alla vertigine tranquilla ma interrogante di una inventività dilatata e delicata, resa ancora più intrigante dal fatto che i riferimenti alla realtà oggettiva, alla realtà ottica, retinica,. sono ineccepibili e precisi, pur illanguiditi come sono, quasi per un illusorio spiazzante gioco di specchi interiori, da una luce tutta mentale,da una liquida aria di simbolo. Un gioco, dico, illusorio nel senso della metafora, dell’artificio della poesia.
Paolini, difatti, non è un illusionista. Non gli interessa (e si sente) creare giochi di prestigio pittorici per giungere a piacerci, od a compiacerci. La sua è poesia di sentimenti, non è retorica sentimentale. E la trascendenza di questi suoi ritratti di luogo, del loro significato, porta appunto ad un sottile disagio, ad una vibrazione d’inquietudine che è sempre e soltanto pervasa da una tensione squisitamente lirica, affabulatoria. Il suo fantastico, il suo “illusionismo”, consiste semmai nel ri-costruire un ordine conoscibile all’interno dell’indistinto senso del vedere che ci circonda, nel ritrovare il senso ed il baricentro di una intima dimensione lirica di fronte all’impassibile e inconoscibile vastità delle cose. E nell’edificare – con questo – poesie figurali sul nostro destino innervato dai miti: poesie in forma d’immagine, tanto tranquille quanto misteriosamente, e suggestivamente, allarmate.


Giorgio Seveso – Ritratto di esterni in un viaggio (Ricordi di un’isola) – Galleria Il Tridente, Grosseto 2001

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