Il settimo giorno - Galleria della
Tartaruga - ROMA - 16-26 ottobre 2019
Un commento al primo libro della genesi ricorda come "Oggi
viviamo nel settimo giorno, nel quale Dio si compiace di ciò che
ha creato e desidera mettersi in relazione con le sue creature".
L'idea della contemplazione di ciò che ci circonda - di gustare
e apprezzare ciò che troviamo e che ogni giorno abbiamo la
fortuna di poter ammirare - porta con sé l'attitudine a
riflettere; a interpellarsi sul rapporto che oggi sussiste fra
creato e creatura.
Osservando un paesaggio che ci emoziona, si attiva unicamente
una serie di sentimenti - retaggio di una cultura che affonda
ancora molto nel romanticismo ottocentesco? O ci sentiamo parte
di una relazione che ci rende responsabili e custodi di ciò che
stiamo contemplando e ci sprona ad averne cura, come di qualcosa
che dovremo lasciare, se possibile, meglio di come l'abbiamo
ricevuta? E' per me, ma non è mio. Non ci posso fare quello che
voglio. Così come un figlio non è solo per me ma è per il mondo,
per l'umanità.
Ecco, dunque, che i soggetti raffigurati nelle opere qua esposte
- i luoghi che più frequento, la terra, il mare, il cielo che
ben conosco, quella Toscana che negli anni ho imparato a sentire
mia, tanto più provenendo dalle nebbie e dal grigiore della
pianura padana - assumono per me un senso differente da quello
di una pittura di paesaggio. Si tratta piuttosto di paesaggi
universali, interiori, o interiorizzati, nei quali mi sento
calato ed immerso tanto più quanto grandi sono le loro
dimensioni.
Scriveva Mark Rothko nel 1951: "Dipingere un quadro piccolo
significa situarsi al di fuori della propria esperienza,
significa osservarla attraverso una lente che la rimpicciolisce
e l'allontana. Un quadro di grandi dimensioni, in qualunque modo
lo si dipinga, permette al contrario di entrare a far parte di
esso. E' ineluttabile."
E' allora come ammirare in una minuscola cellula la grandezza
della vita intera.
Germano Paolini
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